Gender Equality | Perchè occorre comprendere l’origine dei fenomeni discriminatori

Author:Simone Bacci

8 Marzo 2022

,“L’uguaglianza di genere, conosciuta anche come parità tra i sessi, parità di genere, uguaglianza sessuale o uguaglianza dei generi, è una condizione nella quale le persone ricevono pari trattamenti, con uguale facilità di accesso a risorse ed opportunità, indipendentemente dal genere”.

 

Nel 2015 i 193 Paesi membri dell’ONU hanno sottoscritto l’Agenda 2030. L’obiettivo del documento è quello di assicurarsi uno sviluppo sostenibile attraverso la formalizzazione di 17 traguardi da raggiungere entro quella data. Il quinto obiettivo prefissato è proprio quello della parità di genere su cui l’ONU ha dichiarato: “la parità di genere non è solo un diritto umano fondamentale, ma una base necessaria per un mondo pacifico, prospero e sostenibile” in quanto proprio la disparità, in senso lato, rappresenta la principale minaccia a tale prospettiva di crescita.

Dei passi in avanti sono stati fatti ad esempio in Italia con un voto storico da parte della Camera dei Deputati che ha approvato all’unanimità la proposta di legge sulla parità salariale. Dal 2022 sarà anche prevista una certificazione della parità di genere che attesterà le misure adottate dai datori di lavoro per ridurre il divario.

Il 21 gennaio 2022 la Redazione ANSA ha emesso un report relativo allo stato del Gender Gap nel bel paese:

  • la percentuale di donne CEO è scesa al 3% (nel 2020 era al 4%);
  • l’Italia ha la più alta percentuale di donne (47%) nei comitati dei Cda ma scende in terza posizione per numero di donne a capo dei Cda (15%);
  • la percentuale di leadership femminile nei livelli esecutivi è solo al 17%;
  • l’indice di Gender Diversity misura 0.62, leggermente superiore alla media europea ma condizionato da una crescita minima rispetto al 2020;
  • in Europa solo il 7% delle aziende è guidato da Ceo donna nonostante queste rappresentino la maggioranza degli studenti universitari.

E’ possibile rintracciare progressi sparsi in tutto il globo anche se sembra esserci ancora tanto da fare.

Sorprendentemente, il progresso è lento anche in alcuni paesi noti per essere generalmente “gender equal” come i paesi nordici. Anche in questi paesi il potere economico è concentrato in una cerchia ristretta che spesso esclude le donne“, commenta Hedwige Nuyens presso la nota agenzia.

In gran parte dell’Africa, dell’Asia e dell’Oceania ad esempio, ragazze e donne incontrano ancora oggi numerosi ostacoli all’accesso a servizi basilari come l’istruzione. Ciò si aggrava quando si citano alcune dinamiche ricorrenti come la violenza domestica, lo sfruttamento sessuale, le mutilazioni genitali, i matrimoni combinati e le spose bambine.

 

Per comprendere l’origine dei fenomeni discriminatori ed arginare la piaga occorre citare parte del lavoro che tutt’ora svolgono le scienze sociali.

Nel 2005 Lawrance Summers, ex presidente di Harvard, spiega perché le donne nella scienza fatichino a progredire nella carriera. Secondo lui, ciò è dovuto a differenze innate tra uomini e donne nelle abilità matematiche-logiche-computazionali rafforzate da 2 fattori: la socializzazione e la discriminazione. Questo discorso si rivela utile per affrontare il tema del pregiudizio poiché pone l’accento su 3 ipotesi fondamentali su cui le scienze sociali indagano per dare una spiegazione:

  • differenze innate
  • socializzazione
  • discriminazione

Camilla Gaiaschi, ricercatrice presso il Centro di Ricerca Genders Unimi, ospite a TedxPaviaSalon, spiega meglio la natura di queste dinamiche.

Il punto di Summers, secondo cui le donne nella scienza siano meno brave degli uomini, rappresenta chiaramente un pregiudizio, sostiene la Dott.ssa. Occorre prima fare un passo indietro: un pregiudizio nasce da uno schema, una mappa mentale o un framework cognitivo che ci permette di catalogare esempi specifici in categorie più ampie consentendoci di riconoscere ciò che ci circonda. Tra le informazioni relative a ciò che ci circonda ci sono gli Stereotipi: attributi, aggettivi, qualità, caratteristiche che inducono il pensiero a commettere una distorsione (bias).

Secondo la ricercatrice “In altre parole possiamo dire che il pregiudizio è una valutazione che si basa su uno stereotipo e quindi se lo stereotipo è un’informazione distorta, il pregiudizio rappresenta una valutazione distorta, distorta rispetto ad una valutazione corretta sulla base di un informazione e non sulla base del proprio schema mentale”.

Come detto, tali dinamiche agiscono su tutto ciò che ci circonda, da cui anche il giudizio sulle persone trae origine. Nel valutare le persone, tra i tanti schemi, ci sono quelli basati sui gruppi sociali d’appartenenza. Si parla infatti di schema di genere, schema sociale, etnico, sessuale, ecc.. che influiscono sulle interazioni e sulle relazioni tra persone.

Ma da dove arrivano questi stereotipi?

Un contributo importante lo danno gli studi sui test di matematica che sostengono che non esistono differenze nelle capacità logico-computazionali-matematiche tra bambini e bambine fino ai 13/14 anni. Dopo quell’età gli uomini tendono a sovraperformare le ragazze nella matematica, viceversa le ragazze nella comprensione dei testi. Inoltre,  questo gap nell’adolescenza è di gran lunga inferiore rispetto al passato e cambia da paese a paese, capovolgendosi poi all’università. 

Il fatto che queste dinamiche cambino nel tempo in base al contesto,  dimostra il fatto che non siano doti innate contrariamente a quanto sostenuto da Sammers, ma dipendono anche dai processi di socializzazione.

Le ragazze iniziano a perdere fiducia in sé stesse poiché vivono in un contesto dove ricevono spesso, anche inconsapevolmente, feedback di approvazione diversi rispetto alle loro competenze. Le aspettative di genere dicono alle donne come comportarsi e cosa desiderare e nel tempo portano queste ad assorbirle.

Le preferenze nascono in un contesto e si modificano in base agli ostacoli che si presentano. Si dice, ad esempio, che le donne nel lavoro tendono a chiedere meno degli uomini o che sappiano negoziare peggio  un aumento o una promozione. Se quando una donna chiede al responsabile una promozione sa che questo reagirà con stupore negandole la possibilità, va da sé che questa non lo chiederà, confermando il pregiudizio che le donne non sanno negoziare una promozione e producendo una rimodulazione delle aspettative o delle preferenze.

I costi che le donne pagano per raggiungere gli stessi obiettivi degli uomini sono più elevati per via dei pregiudizi che le circondano. Gli stereotipi sono profezie che si auto-avverano, vengono interiorizzati e riprodotti da chi li subisce per poter compiacere lo sguardo degli altri, confermando il pregiudizio negli occhi di chi guarda.

Il primo passo per liberarsi degli schemi, o meglio gabbie di genere, è la consapevolezza. Questi schemi fanno male sia a uomini che a donne. Liberarsene significa essere liberi di essere e fare ciò che più si desidera.

 

Alla conferenza internazionale di Helsinki del 2019 “Combattere gli stereotipi di genere e il sessimo” si è discusso sulla lettura del tema e sull’adozione di misure innovative ed efficaci per eliminare gli stereotipi di genere. Dagli anni ’80 in poi il Consiglio d’Europa è entrato in gioco con tanto impegno. La strategia per l’uguaglianza di genere 2018-2023 ad esempio ha stabilito sei aree prioritarie e delineato obiettivi dell’Organizzazione per i prossimi anni. Questo lavoro è stato utile a definire standard solidi che se pienamente applicati potrebbero avvicinare gli stati Europei ad una vera uguaglianza tra donne e uomini.

Si è detto alla conferenza di Helsinki: “L’uguaglianza di genere è fondamentale per salvaguardare i diritti umani, sostenere la democrazia e preservare lo stato di dirittoAnche se i progressi sono visibili e lo status giuridico delle donne in Europa è indubbiamente migliorato negli ultimi decenni, l’effettiva parità tra donne e uomini è lungi dall’essere una realtà. Anche uomini e ragazzi subiscono perdite a causa della persistente disuguaglianza di genere, soprattutto per quanto riguarda lo sviluppo dei talenti e delle capacità naturali dei ragazzi e delle loro preferenze educative e professionali. I divari di genere e le barriere strutturali persistono in molte aree, limitando le opportunità delle donne di beneficiare dei loro diritti fondamentali. I progressi sono molto lenti per quanto riguarda la partecipazione politica delle donne, l’accesso alla giustizia e l’eliminazione degli stereotipi di genere e del sessismo.

 

Un ulteriore contributo fondamentale è quello apportato dall’International Organization for Standardization (ISO) che attraverso lo standard ISO 2600:2010 – Responsabilità Sociale, mira a contribuire fornendo gli strumenti utili ad eliminare i pregiudizi e promuovere la parità garantendo lo stesso trattamento in tutte le attività aziendali a donne e uomini. La ISO 26000 fornisce indicazioni alle imprese di qualsiasi tipo aiutandole a chiarire che cosa sia la responsabilità sociale e a tradurne le idee in azioni concrete ed efficaci. La stessa organizzazione sostiene di “incoraggiare un’equa rappresentanza nella standardizzazione, a rafforzare la partecipazione delle donne allo sviluppo degli standard internazionali ISO e a renderli più rilevanti per le donne di tutto il mondo” invitandole alla partecipazione proprio nella giornata internazionale della donna.

All’interno di questa sfida, che richiede sforzi importanti ai soggetti di tutte le società del mondo, s’inserisce anche Audit Service & Certification. L’obiettivo è quello di contribuire coinvolgendo le imprese in un processo certificativo mirato ad attestare la “Gender Equality”.  Il miglioramento già in atto in molte società, può essere rinforzato attraverso la cooperazione, la condivisione e la partecipazione a quanto promosso da Governi ed Organizzazioni coinvolte.

 

Un’azienda certificata “Gender Equal” comunica all’esterno d’essere impegnata ed attiva rispetto alle sfide che corrono, dimostrando maggiore consapevolezza rispetto ad altri players ed aggiudicandosi la possibilità di accedere a migliori risorse, internalizzando le competenze attraverso un’operazione di employer branding che nasce da una causa sociale giusta, positiva, condivisa e necessaria.

 

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