Il modello 231 è una raccolta di protocolli e procedure che, declinata all’interno di un’organizzazione, consente di adempiere alle prescrizioni contenute all’interno del D.Lgs. 231 del 08.06.2001, che “disciplina la responsabilità amministrativa delle persone giuridiche, delle società e delle associazioni anche prive di personalità giuridica.” Per comodità di esposizione, nel prosieguo di questa breve trattazione utilizzeremo il termine “organizzazione” per intendere tutti i soggetti contenuti nel titolo della norma.
Cosa prevede il D.Lgs. 231/01?
Come si può comprendere dal titolo della norma poc’anzi riportato, il decreto legislativo 231 del 08.06.2021 ha introdotto il concetto di responsabilità diretta e personale anche per le organizzazioni in caso di commissione di reati da parte di dipendenti e collaboratori e dai quali l’organizzazione abbia tratto un vantaggio.
Il legislatore ha previsto delle importanti sanzioni che possono essere comminate nei confronti delle organizzazioni che vanno dalla sanzione pecuniaria all’interdittiva (sospensione delle attività, revoca di autorizzazioni e licenze, ecc.).
All’interno del decreto, nella sua versione originale e con i suoi aggiornamenti nel corso dell’ultimo ventennio, sono elencati tutti i reati che il legislatore identifica come rilevanti e per i quali è prescritto un presidio dell’organizzazione, come per esempio quelli ambientali o relativi alla salute e sicurezza dei lavoratori.
Cos’è il modello organizzativo 231?
Se ti stai chiedendo cosa sia un modello 231, la risposta può essere riassunta in modo abbastanza semplice.
Il modello organizzativo 231 è, in buona sostanza, un manuale all’interno del quale sono stabilite nomine, responsabilità, procedure, istruzioni operative e registrazioni attraverso le quali una organizzazione pone in atto tutto quanto in suo potere per prevenire la commissione di reati da parte di suoi collaboratori.
Anche se non è oggetto della presente trattazione, corre l’obbligo di specificare che l’organizzazione ha la responsabilità non solo di introdurre un modello, ma anche di nominare un organismo di vigilanza che verifichi l’efficacia del sistema e l’effettiva applicazione di quanto previsto nel manuale.
Modello 231 e definizioni utili
Per comprendere meglio il perimetro del modello 231 ed i suoi confini, è necessario mettere in chiaro qualche concetto.
Come già visto nel primo paragrafo, il decreto legislativo 231/01 si applica a un numero di soggetti piuttosto vasto. Tutte le organizzazioni dotate di un vertice, in qualsiasi forma, e di collaboratori sono in buona sostanza passibili di coinvolgimento diretto in caso di commissione dei reati specifici previsti dal decreto.
La locuzione utilizzata dal legislatore per indicare i collaboratori, “persone che operano nell’interesse dell’organizzazione”, ci permette di chiarire che non si parla soltanto di dipendenti, ma di chiunque abbia un qualsiasi rapporto con l’organizzazione, compresi professionisti e parasubordinati e sui quali l’organizzazione esercita una qualche forma di coordinamento, più o meno stringente.
Importante anche notare che la responsabilità diretta dell’ente è prevista nei casi in cui “tragga vantaggio” dalla commissione del reato.
Quale può essere il vantaggio?
La legge e le tante sentenze intervenute nell’ultimo ventennio hanno stabilito che non servono enormi profitti per dimostrare che l’organizzazione avesse qualcosa da guadagnarci. Risparmiare qualche centinaio di euro sui dispositivi di protezione individuale (DPI) non è, per la legge, troppo diverso dal guadagnare ingiustamente migliaia (o milioni) di euro a seguito di un altro illecito.
Il modello organizzativo 231 è obbligatorio?
Non è obbligatorio adottare un modello 231, che è un adempimento completamente volontario, ma la legge introduce un termine forse anche più importante, vale a dire “esimente”. L’articolo 6 prevede che l’organizzazione possa ritenersi esente da responsabilità se ha adottato un modello 231 ed ha, attraverso un ODV, verificato che sia efficace, efficiente e declinato all’interno dei processi e delle attività.
Modelli 231 e norme ISO
Il legame tra modello 231 e sistemi di gestione in conformità agli standard ISO è molto stretto, sia a livello concettuale che pratico. Sia l’uno che gli altri sono meccanismi di compliance volontaria, mediante i quali vengono implementati strumenti all’interno dei processi aziendali o di un’organizzazione (importante notare che le norme ISO si applicano, infatti, non solo ad aziende, ma ad “organizzazioni”).
Alcuni sistemi di gestione, come la UNI EN ISO 45001:2018 (salute e sicurezza nei luoghi di lavoro) o la 14001:2015 (sistema di gestione ambientale), sono di fatto complementari a un modello 231, perché vanno a creare i presupposti per evitare la commissione di alcuni reati specifici previsti dal D.Lgs 231/01.
Dedicheremo un articolo specifico alla UNI EN ISO 37301:2021, che può essere utilizzata – in alcune condizioni – per certificare il modello 231.
Esistono dei modelli organizzativi 231 standard?
La risposta è sì. Ma a questa segue una domanda ancora più importante: è sicuro affidarsi a modelli organizzativi 231 standard? La risposta in questo caso è NO.
Tutto quello che abbiamo affrontato in questa brevissima trattazione ci permette di dire che la funzione esimente del modello organizzativo 231 sia ipotizzabile quando il sistema sia costruito “su misura” in base alle effettive esigenze dell’organizzazione, perché altrimenti non sarebbe possibile declinarlo davvero all’interno dei processi aziendali.
Proprio per questo è necessario affidarsi a professionisti preparati, in grado di effettuare una rigorosa analisi delle esigenze dell’organizzazione e delle parti interessate e di creare procedure ed istruzioni operative che possano davvero prevenire la commissione di reati da parte dei collaboratori.
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